Intervista a... Giorgio Ponte!

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Buon pomeriggio amici!

Oggi il blog, come promesso da un po', ospita l'autore di "Io sto con Marta!".

Mettetevi comodi perché avete l'occasione di conoscere qualche retroscena di questo romanzo, qualche curiosità sull'autore e molto altro!

1. Ciao Giorgio. Anzitutto voglio ringraziarti per avermi concesso questa intervista ma soprattutto per aver messo in palio una copia del tuo libro ed esserti reso sempre disponibile ad ogni nostra proposta. Vuoi presentarti tu ai nostri lettori? Chi è Giorgio Ponte?

Grazie a voi per l’opportunità. Giorgio Ponte è un folle, innamorato della vita e della sua sorprendente, irragionevole imprevedibilità. Un tormentato ottimista che da sempre cerca il suo posto nel mondo, e quando è riuscito a capire che almeno uno dei desideri del suo cuore aveva a che fare con quel posto, lo ha difeso ad ogni costo. 

2. Marta è una donna molto particolare. Ha un carattere forte ma allo stesso tempo ha tante debolezze e insicurezze. Nonostante tutto prende la vita con allegria e riesce ad essere spassosa anche quando si comporta normalmente. Come nasce? Ti sei ispirato a qualche donna di tua conoscenza?

Marta ha qualcosa di ognuno di noi. Fragile, imperfetta e forte come la migliore delle donne; guerriera come il dio da cui prende il nome, al pari del migliore degli uomini, quando usano la loro forza per proteggere chi amano. Eppure per inventarla non sono dovuto andare molto lontano, perché lei era già dentro di me. Marta sono io. Sono cresciuto in una famiglia con donne molto forti e presenti, che mi hanno trasmesso tanto della loro sensibilità e sofisticata complessità. Ho vissuto in un mondo di donne, dalle amiche alle molte colleghe di lavoro, e sono stato abituato ad osservare, potrei dire contemplare, la bellezza femminile, da un punto di vista privilegiato e probabilmente “contagioso”. Facile letterariamente parlando, un po’ meno quando quel mondo ti entra dentro. Ho appreso tanto della mente femminile che poi mi ci sono voluti anni per ritrovare il maschile dentro di me, che mi corrispondeva e di cui sentivo nostalgia. Mi piace
pensare di averlo messo in Mr Infradito, l’unico personaggio completamente inventato del romanzo, e quindi che attinge completamente a ciò che sono. Eppure della fatica di questo percorso, “letterario” e umano, non mi pento minimamente. Senza di esso, né Marta né la sua storia sarebbero mai potuti essere come sono, arrivando al cuore di tanti.

3. Ci sono tante scene divertenti, 2 in particolare mi vengono in mente: il disguido nello spogliatoio della palestra e quello al citofono di una amica di Marta. Sono frutto della tua fantasia o hai attinto a qualche evento della tua vita?

Se Marta è il mio alter ego, allo stesso modo la sua storia è la mia “alter-storia”. L’ottanta per cento di quello che racconto nel romanzo mi è accaduto veramente. Certe volte ho dovuto caricare delle scene di base reali, come nella “trattazione” della grazia con Sant’Ambrogio: non ho mai fatto voti, ma è vero che sono andato a chiedere aiuto. Altre volte ho solo dovuto trasferire la vita su carta, senza bisogno di aggiungere una virgola (come nel colloquio con l’editore, che era stato già abbastanza grottesco dal vivo!). Se questa dimensione di realtà ha contribuito a rendere Marta una storia più autentica, credo tuttavia che ciò che l’ha resa diversa e forse un po’ magica è quel venti per cento di invenzione in più, che ha fatto la differenza (e di cui fa ovviamente parte tutta l’ultima parte del romanzo). Nel caso specifico, lo spogliatoio è inventato (la scena, non i luoghi), anche se non nego di essermi ritrovato in
problemi idraulici simili nella mia vita. Invece devo ammettere che la scena del citofono è vera! Mi capitò molti anni fa, quando vivevo a Roma, andai a trovare un’amica che aveva da poco cambiato casa e scherzai al citofono fingendomi un maniaco. Peccato che la persona a cui avevo citofonato non era la mia amica!

4. Il disagio della disoccupazione, della difficile affermazione in campo lavorativo soprattutto in tempi stretti, sta diventando quasi una piaga... Marta si fa promotrice di questo messaggio... Vorresti riassumerlo tu? C'è spazio per la speranza?

Certo che c’è! Chi ha perso la Speranza, ha già perso la vita, che lo sappia o no. È la malattia del nostro tempo, ed è proprio ciò a cui non possiamo permettere di piegarci. Negli ultimi decenni abbiamo costruito un sistema economico (e quindi un mondo del lavoro) che non tiene più conto delle persone, senza distinzione di classe, reddito e ruolo. Questo ha generato la crisi, che pur essendo economica è diventata difatti umana e valoriale (o forse è l’inverso, chi può dirlo). Marta si trova a dover fronteggiare tutto questo: lei ha combattuto per i suoi sogni, ed è arrivata alla soglia dei trent’anni con la sensazione di essere stata sconfitta dalla vita, la stessa sensazione che ho provato anche io, mentre cercavo la mia strada. La stessa sensazione che provano in tanti, oggi. Eppure proprio per questo non può permettersi di arrendersi, o tutto il cammino alle sue spalle sarà valso a niente. Marta non vuole credere che la vita sia solo cercare un posto sicuro a cui aggrapparsi in attesa che la tempesta passi. Perché la vita è già oggi, durante la tempesta. Lei è disposta a fare tutto, a rompere gli schemi, prima di tutto i propri, ma senza mai rinunciare alla propria dignità. Che sia la cameriera, la gelataia, o la correttrice di bozze, ogni lavoro per lei è solo uno strumento in funzione di un progetto più grande. Cerca di giocare alle regole del gioco e vince perché non dimentica mai chi è, anche se a un certo punto dubiterà di potercela fare. Più di tutto, mentre arranca sul campo di battaglia, sa ridere di sé e sa guardare coloro che accanto a lei cadono sotto i colpi. È per aiutare loro che si ferma, e alla fine sarà grazie a questi compagni che otterrà ciò per cui ha lottato. Marta non è sola nella sua lotta, così come non lo siamo noi. Solo riconoscendo il grido di questa generazione come qualcosa che riguarda tutti, potremo decidere, insieme, di dire
basta. E io so che è possibile.

5. Se non ho letto male, correggimi se sbaglio, la tua carriera di scrittore ha preso il volo a seguito di un caso fortuito: sei stato praticamente scoperto e scovato sul web. Ti senti estremamente fortunato o fai parte di quella fetta di scrittori che pensa che prima o poi la bravura e la perseveranza pagano? Hai un consiglio per autori esordienti come te?

Non sbagli. Dopo quattro anni di porte sbattute in faccia, e pubblicazioni sfiorate ho deciso di autopubblicarmi online. Ho faticato molto per far diventare Marta un libro vero, ma nulla avrei potuto senza un aiuto dalla Provvidenza. Avevo scritto Marta perché fosse letta, per dare speranza alla gente, per donare qualcosa agli altri. Sapevo che in mano alle persone questo libro sarebbe stato capito, perché negli anni molti, professionisti e non, lo avevano potuto leggere e se ne erano innamorati. Ero stanco di aspettare. Ho deciso di fare l’atto estremo, sacrificare il mio Isacco, darlo in pasto al pubblico praticamente gratis. E come per il racconto biblico, non solo non ho perso Isacco, ma sono tornato dal monte con molto di più, un dono infinitamente più grande di quanto avessi sperato: in un mese il libro è finito nella top ten Best Sellers di Amazon e ci è rimasto per tre mesi, in testa fisso fra gli Humor, ha attirato gli sguardi degli editori, finché Mondadori non ha chiesto i diritti. Quando l’ho ritirato in attesa della ripubblicazione avevo avuto seimila download. Oggi, dopo due mesi siamo già in ristampa e probabilmente ci torneremo. Davanti a tutto questo non posso non sentirmi grato. E tuttavia se avessi fatto questa scelta quattro anni fa, senza essere passato da tutte le difficoltà che ho passato, sono convinto che le cose sarebbero andate diversamente, perché non avrei avuto il pelo sullo stomaco necessario a gestire ciò che è venuto dopo. Se dovessi dare un consiglio agli esordienti direi: fatevi leggere dal pubblico più diversificato che potete, anche professionisti, e ascoltate i consigli che tornano più volte da persone diverse: è probabile che siano sensati. Poi tenete presente ciò che volete dire col vostro lavoro, perché nessuna modifica proposta da chicchessia vada a intaccare il vostro messaggio. Ma soprattutto scrivete perché volete dire qualcosa,
perché c’è un pezzo di voi che credete possa fare bene agli altri. A mio avviso, scrivere per ottenere il successo è la ricetta migliore per fallire. Se è dire la Verità che vi spinge, sarà quella Verità a conquistare i lettori.

6. Hai in cantiere qualche altro romanzo? Puoi accennare qualcosa? 


Ho in mente almeno altri tre libri, tutti commedie sullo stile di Marta, che intrecciano umorismo a temi seri. Mi piace molto l’idea di vedere personaggi nati per un contesto alle prese con situazioni e persone totalmente diversi da loro, che li portano a scoprire lati di sé che non immaginavano. Uscire dagli schemi, rompere le barriere. E poi c’è anche qualche storia più seria, ma per quelle aspetterò, credo. Al momento sto lavorando a un testo nuovo, un po’ più complesso di Marta nella struttura, ma preferisco non parlarne. Quello che mi sento di poter dire è che qualsiasi storia prenderò in considerazione, avrà sempre come cifra distintiva la Speranza. Un libro che non spinga il lettore a credere nella vita, non è un libro che valga la pena leggere, né la pena di essere scritto, secondo me. Ma questo è il mio personalissimo punto di vista,  e perciò del tutto discutibile.

7. Prima di lasciare a te la parola per concludere questa intervista magari aggiungendo qualcosa di cui ancora non abbiamo parlato, voglio farti i miei migliori auguri per la tua carriera affinché essa prosegua con successo. Grazie per il tempo che ci hai dedicato e grazie per averci permesso di conoscere Marta. Sicuramente molti, come me, possono appoggiarla e dire: io sto con Marta!

Grazie per gli auguri. Voglio solo dire a chi legge e magari sente dentro di è la frustrazione di non riuscire ancora a portare frutto, di non scoraggiarsi. Ho faticato tanto per ritrovare dopo anni la scrittura come dono per me e per gli altri. A quel punto è stato come per l’amore: hai un’intuizione, che ti parla più di ogni altra, tu sai, al di là di ogni ragionevolezza, che quella è la persona per te. E per quella persona sei disposto a smuovere mari e monti. Soprattutto sei disposto ad attendere, finché i tempi non saranno maturi perché lei possa amarti. Ecco, la scrittura è stata così per me: un amore, il mio primo amore. La donna da difendere e per cui battermi. Nonostante l’avessi abbandonata da ragazzo e rimpianta per anni, lei è rimasta lì, in attesa, osservandomi andare alla deriva con una serie di altre “passioni-sciacquette”, e aspettando paziente il momento in cui sarei tornato. Sapeva che quando ciò fosse avvenuto,
sarebbe stato per sempre. La mia vita dimostra che si può seguire la propria passione anche in tempi come i nostri. E io non sono speciale, non sono meglio di nessuno. È la Vita, ad essere speciale. La Vita ha in sé un potenziale di Bene inaspettato che la rende capace di rigenerarci anche a sessant’anni, se servisse. Perciò qualunque sia la passione che hai, lotta per cercarla, e ancora di più per difenderla quando l’hai trovata. Per quanto possa essere frustrante in certi momenti camminare nella nebbia, l’importante è non smettere di farlo. Come mi scrisse Coelho tanti anni fa quando gli chiesi un incoraggiamento per questo nuovo percorso, “Nessun uomo può essere separato dalla sua leggenda personale”. Segui la tua leggenda, senza arrenderti, anche piangendo se necessario, ma seguila. Il resto ti verrà dato in aggiunta.


Buone lettureeeeeeeeee

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